Area Calabria - Principio di integrazione

L’esperienza fallimentare dell’Intervento Straordinario e della Cassa per il Mezzogiorno (e non ultima la programmazione 1994-1999) nello sviluppo locale ha evidenziato che non è possibile uno sviluppo completamente tecnocratico, ma è indispensabile un coinvolgimento delle risorse locali, a partire dalle risorse umane.

La nuova programmazione dello sviluppo nasce da un concetto di integrazione e coinvolgimento degli attori locali nei processi di crescita endogena. Ciò è scaturito dalle seguenti motivazioni:

·         Scarsa attitudine a percepire i bisogni;

·         Progettualità inadeguata;

·         Scarso coinvolgimento dei soggetti locali dello sviluppo;

·         Eccessiva frammentazione dei programmi d’intervento.

 

Così, i nuovi strumenti di pianificazione (QCS, APQ, PSM, PIC, POR, PIT, PSL, PRU, PRUSST,  Patti Territoriali, Accordi di Programma, Contratti d’area, di programma e di quartiere, Convenzioni, Conferenze di Servizi) puntano sull’integrazione intesa in due direttrici:

1.        Integrazione tra le varie politiche di sviluppo locale;

2.        Integrazione tra gli operatori locali protagonisti dello sviluppo (Enti pubblici, imprenditori, associazioni di categoria, cittadini in    genere)

 

Già nel “Mandato di negoziato 2000-2006” per l’Obiettivo 1, la Commissione Europea esortava, nella predisposizione del PSM e degli altri programmi e progetti a seguire, ad applicare necessariamente il principio del partenariato.

In realtà le necessità di integrazione si notano principalmente nella delibera CIPE 21 marzo 1997, Disciplina della programmazione negoziata, dove viene sottolineata l’importanza che gli strumenti di pianificazione siano basati sul metodo del coordinamento, in cui non esiste un soggetto decidente, ma una pluralità di soggetti che rappresentano i fabbisogni della collettività e  che si impegnano ad espletare i propri compiti necessari per raggiungere l’obiettivo comune prefissato.

Tutti gli strumenti del sistema pattizio, infatti, si basano sul concetto di integrazione come elemento chiave dello sviluppo.

Si è quindi capito che nessun validissimo piano di sviluppo potrà mai avere successo se non viene ben recepito dal territorio, e soprattutto che il territorio, con le sue risorse umane e con i suoi bisogni, non può venire meno nei vari processi, poiché costituisce il principale (se non unico) destinatario della programmazione.

Perché comunque una programmazione integrata abbia successo è necessario superare alcuni ostacoli:

·         Il rischio che la partecipazione ai processi decisionali diventi un rituale formale;

·         Il rischio che un eccessivo coinvolgimento faccia perdere di vista le priorità;

·         Il rischio che l’oggetto delle trattative si trasformino in una semplice spartizione di risorse finanziarie;

·         Il rischio che il minore peso dato alle amministrazioni centrali carichi di responsabilità amministrazioni periferiche molto meno efficienti.

Questi sono i motivi per cui l’integrazione non è applicata in molti processi. Ma ciò non può prescindere dal fatto che solo il territorio conosce i suoi fabbisogni ed ha vero interesse a gestire al meglio il futuro. È necessario in ogni processo avviare forme di coinvolgimento consapevole e sostanziale.

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